Frase del mese

FRASE DEL MESE

"Sono fiero dei miei collaboratori, che hanno creato un bando complesso, rigoroso, fatto in modo scientifico" (Mario Turetta, direttore della Reggia di Venaria), infatti taglia del 40% i servizi e non da garanzie chiare su contratti e assunzioni...

giovedì 29 novembre 2012

La sindrome di Ponzio Pilato

Quindi le cose si sono svolte in questo modo: Ken Loach non è andato al TFF e il suo film non è stato presentato in concorso. Allora verrebbe da chiedersi: quale stima può mai provare una direzione artistica verso un regista che afferma di conoscere, amare e quindi premiare se poi, scambiando un atto di coerenza come uno sgarbo suo e non come propria mancanza, invece di fare mea culpa, gli fa una ripicca a dir poco infantile e "non lo fa più amico"? Cosa aveva in mente la suddetta direzione quando aveva deciso di consegnare questo premio a Ken Loach? Chi immaginava di avere davanti? Inutile aggiungere altro a quanto ha già fatto come meglio non si poteva il suo sceneggiatore, Paul Laverty, in una lettera inviata al sindacato USB e ieri pubblicata sulla Stampa:

LA SINDROME DI PONZIO PILATO  
Condivido la tristezza di Ken Loach per il ritiro del nostro film, La parte degli angeli, dal Torino Film Festival, che senza dubbio continua a fare un eccellente lavoro. 
Tralasciando tutti gli insulti che sono stati scagliati contro Ken Loach, ritengo sia importante concentrare l’attenzione sul principio centrale della questione e devo dire che il comunicato stampa pubblicato dal Museo nazionale del cinema di Torino lo ha fatto con grande chiarezza. 
In sostanza, questa controversia solleva la questione più critica nel campo delle relazioni di lavoro in ogni parte del mondo, vale a dire quella dei subappalti. 
Tutti concordano sul fatto che i servizi di pulizia e sicurezza del Museo nazionale del cinema di Torino sono stati concessi in subappalto a una ditta esterna, la Cooperativa Rear. Vale la pena di riportare fedelmente la posizione del Museo: 
“Il Museo non può essere ritenuto responsabile dei comportamenti di terzi, né direttamente né indirettamente. Di conseguenza, non sarebbe in alcun modo legittimato a intervenire nel merito di rapporti di lavoro fra i soci di una cooperativa esterna e la loro stessa società.”  

Questa posizione coincide con quella delle più potenti multinazionali a livello mondiale, le quali possono godere di leggi sulle aziende e sul lavoro che sono state plasmate a loro favore. Ciò solleva questioni etiche e legali profonde che sono meritevoli di un dibattito rigoroso poiché condizionano la vita di centinaia di milioni di lavoratori in tutto il mondo. 

Se accettiamo la posizione riportata sopra, secondo la quale l’azienda che esternalizza a una ditta appaltatrice non ha responsabilità “diretta o indiretta”, quali possono essere le implicazioni? (Questo era il tema che affrontammo nel nostro film “Bread and Roses”). Significa che le catene di negozi di abbigliamento nelle capitali europee non devono assumersi alcuna responsabilità per lo stato di miseria in cui vivono le sarte e i loro figli in Bangladesh, dove le condizioni di lavoro sono peggiori di quelle dell’Inghilterra vittoriana. Significa che i supermercati non devono assumersi alcuna responsabilità per i prodotti alimentari sui loro scaffali, confezionati da migranti clandestini che lavorano per salari inferiori a quello minimo. (Una realtà che abbiamo conosciuto quando abbiamo condotto le ricerche per il film “In questo mondo libero”). Significa che le aziende globali che producono computer e parti di ricambio per le automobili nella città di Juarez, in Messico, un luogo che ho visitato, non si assumono alcuna responsabilità per le condizioni di miseria e di pericolo in cui vivono e lavorano questi operai. 
Non diciamo che la controversia nel Museo sia di questa natura o di questa scala, ma in ogni caso questo è il rapporto contrattuale che hanno adottato e che ora difendono. Se accettiamo questo principio, riconosciamo ai potenti non solo la possibilità di fare come vogliono, ma anche di evitare le responsabilità. Significa che prenderanno la decisione più importante di tutte, quella della ditta a cui aggiudicare il contratto, che potranno ottenere i vantaggi dello sfruttamento dei più deboli senza avere alcun rapporto con loro e che potranno poi dare la colpa a qualcun altro. 
È il modello aziendale perfetto: la “sindrome di Ponzio Pilato”. 
Al di là dei suoi aspetti più specifici, questa controversia dimostra quanto è cambiato il mondo, perché chi dovrebbe essere maggiormente consapevole di ciò che accade negli angoli più remoti di questo nostro complesso pianeta sostiene oggi pubblicamente questo principio.

Dottor Slump

venerdì 23 novembre 2012

Beh, se ci tiri in ballo, Mr. Laus...!


Se continuiamo a scrivere della vicenda del Museo del Cinema e dei lavoratori licenziati ingiustamente (come il tribunale ha confermato) non è perchè questo blog si sta trasformando nel blog della Mole (forse, si potrebbe chiamarlo allora "iMOLiamoci forte!") ma per tre chiare ragioni che non possono essere taciute:

1) Alla Venaria Reale, con condizioni e contratti diversi (la situazione è migliore invero) vige la stessa e identica logica: un luogo di cultura esternalizza i propri servizi primari (biglietteria, guardineria, assistenza, call center, pulizie, sicurezza, didattica, ecc...) per avere un risparmio, creando anche una divisione del lavoro tra "noi" e "loro", con diritti e discipline diverse; questo non evita che quando si fanno dei tagli del personale i primi a rimetterci sono i lavoratori e le lavoratrici delle aziende/cooperative in appalto, che ricevono semplicemente un taglio di ore che si trasforma in lavoro in meno (o assente!) per alcune persone, come la vicenda dei nostri 23 colleghi insegna.

2) La vicenda era stata ripresa e diffusa dal nostro blog, con conseguenti malumori della REAR e di Laus stesso, due nostri sindacalisti hanno rischiato forti sanzioni disciplinari (per saperne di più leggi qui) perchè impegnati con l'USB in quella battaglia. Quella della Mole è una storia che ha coinvolto Venaria nel passato...

3) ...e nel presente! Sì, perchè il grande statista di sinistra Mr. Laus ha risposto all'ignavo e poco informato Mr. Loach che lui si è sempre speso per i propri lavoratori, che ha applicato sempre il contratto che la committenza gli chiedeva, e che dove questo era diverso dall'Unci non ha mai avuto problemi ad applicarne uno diverso. Anzi, riportiamo qui di seguito le parole esatte che ha lasciato a La Stampa oggi:
«Partecipiamo agli appalti pubblici con la massima attenzione alla normativa vigente, a quanto contenuto nei capitolati e a quanto richiesto dai bandi di gara, compresa l’applicazione di contratti alternativi all’Unci, come avviene ad esempio alla Reggia di Venaria. E in ogni caso alla Mole i contratti rispondono alla normativa».  (Mauro Laus, presidente REAR e Consigliere Regionale PD Piemonte, La Stampa del 22 novembre 2012)
Anzi se volete leggere l'articolo in forma web cliccate qui.

Mr. Laus, se ci chiami in causa non possiamo che risponderle: ha detto un'altra bugia! Anzi, una cosa ancora peggiore, una cosa che è ancora più efficace e mistificatrice di una bugia: ha detto una mezza verità.
Ma nessun problema, le rinfreschiamo noi la memoria.

REAR E VENARIA, UNA STORIA DI CONTRATTI APPLICATI.
La REAR arriva a Venaria nel 2008, ad appalto già avviato, dopo aver vinto alcune cause legali contro le cooperative che avevano inizialmente preso in gestione il complesso. Quando la Reggia e i giardini aprirono i battenti nel 2007 i lavoratori vennero assunti con il contratto MULTISERVIZI, un contratto creato per le pulizie ma che permetteva un monte ore fisso, un guadagno di 5,4€ netti all'ora, tempo indeterminato, malattia completamente pagata, ferie garantite, tredicesima e quattordicesima. Nel 2008 arriva la REAR e mette subito in chiaro una cosa, cioè che applicherà per tutti i suoi dipendenti della Reggia il contratto UNCI, peggiorativo: 4,20€ netti all'ora, nessun monte ore fisso (solo una disponibilità dalle 0 alle 40 ore, che non garantisce lavoro continuativo e che, in caso un datore di lavoro voglia, può essere strumento di ricatto), malatia pagata solo dal terzo giorno, nessuna tredicesima, nessuna quattordicesima e maturazione di permessi e ferie minore.
Insomma, i lavoratori della Reggia hanno rischiato di, dopo solo pochi mesi di servizio, veder stracciato un contratto firmato e già applicato e di vedersi applicato un contratto di gran lunga peggiore, tutto questo con un pagamento della committenza della stessa cifra alla REAR di quella che dava alle cooperative precedenti, quindi un abbassamento di stipendio ingiustificato. SENZA CONTARE CHE NELL'APPALTO ERA SCRITTO BEN CHIARO CHE IL CONTRATTO DA UTILIZZARE ERA IL MULTISERVIZI!!!
Son dovuti passare mesi di trattativa, agitazioni sindacali, incontri dal prefetto, pronunciamenti della Regione Piemonte e anche interventi di dirigenti del Partito Democratico a livello nazionale per  dissuadere il loro "compagno" Laus a cedere; cosa che fece, uscendo subito dopo dal PD, entrando a far parte dei Moderati per il Piemonte. Rientrerà nel Partito Democratico solo dopo esser stato corteggiato dalla Bresso per le elezioni Regionali 2010 (ricordiamo che Laus capitalizza un patrimonio di 7500 voti in Piemonte, preferenze dirette che portano il suo nome).
Ecco qui gli articoli de La Stampa di quei giorni:


Clicca sulle pagine per ingrandirle e leggerle - La Stampa 20 maggio 2008



Clicca sulle immagine per ingrandirle e leggerle - La Stampa 22 maggio 2008

Finale a lieto fine? Più o meno. I lavoratori precedentemente assunti hanno visto sì confermato il loro contratto Multiservizi, ma coloro che sono stati assunti successivamente e che ancora oggi lavorano alla Reggia hanno iniziato il loro rapporto di lavoro alla Venaria Reale con un contratto UNCI!!! A nulla son valse le denunce dei sindacati sia alla REAR che al Consorzio della Venaria Reale, che di fatto ha chiuso gli occhi di fronte alla presenza dell'UNCI in Reggia. Quindi dal 2008 fino al primo maggio 2012 (data dell'avvio del nuovo appalto) abbiamo avuto lavoratori di serie B e lavoratori di serie C (i lavoratori di serie A erano e rimangono ovviamente coloro direttamente assunti dal Consorzio, dalla Reggia, senza tramiti, gestioni terze, ecc...), con due contratti ben diversi che applicavano due pesi e due misure: Multiservizi e UNCI.
Quindi non prenda in giro i lettori del quotidiano torinese e soprattutto noi, Mr. Laus. Inoltre le ricordiamo che se oggi i lavoratori e le lavoratrici della Reggia hanno un contratto ancora diverso e migliore (il Federculture) è stato grazie non alla sua bontà e correttezza, ma perchè quei lavoratori hanno lottato per averlo, sia contro di lei che contro la dirigenza della Reggia di Venaria, non molto propensi.

UNCI, PERCHÉ NON APPLICARLO MAI.
Inoltre Mr. Laus, voglio ricordarle una cosa: IL CONTRATTO UNCI È STATO DICHIARATO NON COSTITUZIONALE! Quindi non dovrebbe proprio porsi il problema di leggere bene i capitolati degli appalti per vedere se applicarlo o meno... NON DOVREBBE PROPRIO APPLICARLO!!!
Perché è stato dichiarato anticostituzionale? Ma come, un politico di centrosinistra come lei, anzi del "primo partito del Paese", non sa il perché? Bene, anche qui siamo lieti di rinfrescarle la memoria.
L'articolo 36 della Costituzione della Repubblica Italiana enuncia che: 
«Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa». 
Nel 2010 una lavoratrice di Torino che lavorava con il contratto UNCI (non della REAR) ottiene dal tribunale del lavoro di Torino la non costituzionalità del contratto UNCI. Anche La Stampa di Torino ne parlò a suo tempo.
Insomma, a quanto pare per la più alta legge italiana (la Costituzione), esser pagati 4,20€ netti all'ora non è dignitoso e non garantisce la sostenibilità propria e della propria famiglia. Strano vero?

Comunque non demorda Mr. Laus, dopo l'esposizione mediatica a livello internazionale che si è meritato, lei davanti a sé ha ancora un futuro aziendale e politico, anche quando casomai sarà costretto a cambiare il contratto ai migliaia di suoi soci-lavoratori perché anticostituzionale: può sempre candidarsi alle prossime primarie, non tanto a quelle del centrosinistra o di qualunque partito che si pone a difesa del lavoro e dei lavoratori, ma a quelle dell'incoerenza, arte in cui il maestro inglese che vuole querelare non eccelle di certo.

Zak McKracken

giovedì 22 novembre 2012

Dai maestri si può solo imparare

Ken Loach è il regista giusto al momento giusto. Forse uno dei dieci cineasti più famosi d'Europa, doveva partecipare il 26 novembre al Torino Film Festival con il suo ultimo film, La parte degli angeli, per poi ricevere il premio Gran Torino, ovvero il premio alla carriera che viene consegnato durante la manifestazione sabauda. Le motivazioni del premio sono riportate ancora sul sito del TFF: "Per l'umanità, l'umorismo e la forza morale e intellettuale che trasmette con i suoi ritratti di gente vera, sia quando racconta, tra commedia e dramma, storie contemporanee (Riff Raff, Piovono pietre, Ladybird Ladybird, Sweet Sexteen, Paul, Mick e gli altri, My Name Is Joe, Il mio amico Eric), sia quando si dedica a lucide ricostruzioni storiche (Terra e libertà, Il vento che accarezza l’erba, Palma d’oro nel 2006)". 
 Chi ha seguito un poco il cinema del maestro inglese, saprà del profondo senso di giustizia che permea ogni sua pellicola, e quanto egli si sia da sempre impegnato nel rappresentare il mondo del lavoro nudo e crudo, senza inutili retoriche. Ragione per cui, quando il regista di Nuneaton ha ricevuto una lettera in cui i lavoratori del Museo del Cinema di Torino descrivevano le condizioni di sfruttamento in cui erano costretti a operare, spesso sotto ricatto, coerentemente con le sue idee e, se vogliamo, con la sua poetica, ha cortesemente rifiutato di ricevere il premio.
 Qualche intellettuale locale, con poco senso dell'onore  e molto senso del ridicolo, si è permesso di rimproverare il regista per la sua scelta, a suo modo di vedere, estremista, sostenendo che sarebbe stato molto più decoroso, per un artista della sua levatura, ritirare il premio e poi fare una dichiarazione in favore dei lavoratori della Mole Antonelliana direttamente dal palco, evitando così di danneggiare l'immagine del festival e dell'ambiente culturale torinese e di ottenere comunque l'effetto di dare visibilità alla protesta. Eh già, perché a rovinare l'immagine della città adesso sarebbe la coerenza di chi ha speso una vita a lottare contro un sistema che, evidentemente, chi avrebbe voluto consegnargli quel premio appoggia. Mai che dagli stessi scranni si sia levata una voce per denunciare le scandalose condizioni in cui si lavora nei musei torinesi e italiani: magari in questa occasione giornalisti che si dichiarano autorevoli avrebbero potuto criticare il fenomeno di ricatto occupazionale che sta alla base del rifiuto di Ken Loach a presenziare al TFF, ma hanno preferito guardare ottusamente il dito e non la luna. E il risultato è che il coro di indignazione che si è da più parti sollevato ha potuto, ancora una volta, mostrare al mondo il provincialismo italiano e l'inadeguatezza dell'ambiente culturale cittadino a gestire il patrimonio artistico e culturale che una città come Torino sa mettere in campo. Loach ha saputo parlare in nome dei lavoratori torinesi al posto di quelle personalità locali che forse avrebbero il dovere deontologico di difenderli e, invece, sono state brave solo a riempirsi la pancia e a chiudere gli occhi di fronte allo scempio occupazionale di cui, così facendo, si sono rese complici! Rendiamoci conto! C'è voluto Kenneth Loach, un regista inglese! Un uomo di 76 anni che ieri, con il suo gesto, si è rivelato un maestro nella vita, prima ancora che nell'arte. 
Meditate gente, invece di parlare. Anzi, imparate, che dai maestri si impara solo.


Dottor Slump


mercoledì 21 novembre 2012

Thank you, Mr. Loach!


Riprendiamo oggi una questione che aveva acceso forti dibattiti anche grazie a un post pubblicato sul nostro blog: quella dei lavoratori REAR licenziati alla Mole Antonelliana dopo che avevano "osato" esprimere la propria contrarietà al progetto di ridimensionamento del loro stipendio del 10% da parte della cooperativa, senza nessuna conclamata crisi.

Il 23 novembre aprirà come ogni anno il Torino Film Festival, una delle kermesse cinematografiche più prestigiose del nostro Paese, in cui in genere si espongono film d'avanguardia e d'autore. La direzione del festival ha espresso la propria volontà di consegnare il Gran Premio al regista Ken Loach. Ma il regista britannico ha fatto sapere che non ritererà il premio come gesto di coerenza e di solidarietà con i lavoratori che lavorano nella sede del TFF. Se cliccate sulle immagini qui sotto aprirete gli articoli di La Repubblica Torino e quello de La Stampa dove viene raccontato il fatto.




Il sindacato USB già mesi fa espose la situazione di intimidazione che hanno vissuto alcuni soci-lavoratori della REAR alla Mole e ala fine il regista per solidarietà ma anche per non cascare in ipocrisie (da sempre Loach è impegnato con i suoi film sulla questione lavorativa) ha deciso di rifiutare il premio. 
Ci sentiamo perciò di dire una sola cosa: THANK YOU MR. LOACH.

La situazione di questi lavoratori è ancora incerta: il tribunale ha dichiarato il loro reintegro perché il licenziamento è stato illegittimo, ma non sono ancora rientrati alla Mole. Inoltre continua ad essere applicato il contratto UNCI a tutti i soci-lavoratori della REAR (non solo della Mole Antonelliana), che è stato dichiarato incostituzionale perché non garantisce le condizioni minime di dignità e sostentamento della persona; oltre al basso stipendio di base (4,20€ netti all'ora e contratto a chiamata) continua la decurtazione di una percentuale che ha mosso al dissenso i lavoratori licenziati (ora al 6% prima al 10%).

Ricordiamo che il presidente della REAR è Mauro Laus, potente consigliere regionale, una "macchina" che sa portare a sé un bel po' di voti (7000 circa alle ultime elezioni regionali). Peccato che sia un consigliere regionale del Partito Democratico, partito che ha nel suo dna la difesa dei lavoratori. 

Beh, Mr. Laus, complimenti vivissimi, bel risultato farsi una bella figura del genere con uno dei registi più seguiti e impegnati della sinistra internazionale! Finalmente è riuscito ad approdare all'attenzione della sinistra internazionale valicando le Alpi piemontesi!

Zak McKracken


P.S.: aggiorno l'articolo perchè in queste ore sempre più articoli spuntano fuori, segno che il gesto del regista Ken Loach ha suscitato una "notizia" ripresa da diverse testate. Mettiamo qui di seguito solo il link della notizia data dal sito del TG3, con la dichiarazione del regista stesso. Per aprirlo cliccate qui.  Zak

venerdì 16 novembre 2012

Mettere le mani avanti


Leggendo La Stampa di Torino ci accorgiamo che il Presidente del Consorzio di Valorizzazione Culturale della Reggia di Venaria, Fabrizio Del Noce, si lamenta dei mancati introiti dal Ministero della Cultura alla Reggia di Venaria. Qui l'articolo.
Leggendo ancora meglio scopriamo principalmente due cose:
1) che la Reggia di Venaria è in bilancio. Strano, ci avevano detto che era necessario tagliare 23 persone della sicurezza delle sale e del bookshop proprio perchè c'era crisi.
2) che la Reggia di Venaria non ce la fa a gestire autonomamente le proposte culturali e le mostre, non riesce a recuperare "pezzi" da esibire.
Del Noce polemizza con il MAXXI di Roma, che avrebbe ricevuto un forte finanziamento, ma questa polemica è la stessa che ricevette la Venaria Reale nel 2007 da altri musei piemontesi! È logico che un museo che deve aprire i battenti riceva "subito" dei nuovi finanziamenti e non degli "arretrati".
Inoltre forse il Presidente si dimentica la quantità di denaro malgestito che gira nella Reggia: per carità, giusto chieder conto al Ministero degli arretrati (sono comunque soldi che spettano alla Venaria) e senza l'investimento pubblico la Reggia non potrebbe autosostenersi, ma forse non si potrebbe già sfruttare i finanziamenti ricevuti, cercando di non sprecarli e impiegarli MEGLIO (parola che forse in Italia si dimentica spesso per far spazio al TANTO)? Abbiamo bisogno dell'intervento del Ministero per fare mostre di qualità con delle opere di qualità? Cosa ci sta a fare la mole di personale preposta proprio all'organizzazione e alla promozione delle mostre? Non è che la mancanza di sicurezza presente in Reggia, accentuata ancora di più da quando si è lasciati a casa 23 persone, scoraggia chi quelle opere dovrebbe imprestarle? 
C'è da aggiungere che certe furbizie non pagano: quando si ritarda all'ultimo giorno l'ufficializzazione della proroga della mostra Fabergè (quando già da tempo si sapeva che sarebbe stata prorogata fino al 9 dicembre) per avere più gente nei giorni di chiusura, e poi non si informa e non si fa pubblicità per far conoscere la proroga stessa... se vogliamo fare i furbi almeno facciamoli per bene e non da rimetterci: in questa prima settimana di proroga una mostra che ha avuto picchi di visitatori riguardevoli come quella di Fabergè ha avuto il vuoto. Pochissima gente. 
Forse prima di battere i piedi perché le cose non funzionano bisognerebbe guardarsi in casa, capire le vere responsabilità e capire come questo patrimonio sta venendo scialacquato.

Zak McKracken

sabato 3 novembre 2012

Una Reggia in comune?

Libera Reggia in libero Stato. Parafrasando il Conte di Cavour si potrebbe esprimere ciò in cui il Consorzio di Valorizzazione della Venaria Reale sta trasformando la Reggia. Sì, perché dopo anni di mutuale collaborazione (sacrosanta, aggiungerei), da più di un anno nel Consiglio d'amministrazione del Consorzio è stato fatto fuori il comune di Venaria, che, in fin dei conti, ha solo il piccolo onere e onore di essere il comune dove la Reggia è stata costruita secoli fa...
I motivi sono, tanto per cambiare, di finanziamenti. Il CdA può avere solo un massimo di membri e così il Consorzio ha cercato altri membri più facoltosi che potesse portare doti più cospicue. 
C'è solo un piccolo particolare: la Città di Venaria Reale ha già speso e spende una quantità di denaro (pubblico!) per la Reggia, senza oggi poter mettere voce in capitolo alle decisioni gestionali del museo.
Benchè il comune spenda denaro per infrastrutture, viabilità, ordine pubblico, ecc... pochi sono i soldi che ritornano alla collettività dal grande carosello che è concentrato quasi unicamente a Piazza della Repubblica (la piazza davanti la Reggia, ndr).
Il visitatore medio oggi fa questo tragitto: scende dal bus, entra in Reggia, visita la Reggia (spendendo fior fiore di quattrini tra biglietto, ristorazione), esce dalla Reggia, risale sul bus. Tra le strategie di turismo che il Consorzio mette in atto sembra non esserci niente che porti il visitatore a visitare la città.
La Reggia è solo una ricchezza per pochi o dovrebbe essere il grande catalizzatore per far piovere a pioggia un po' di ricchezza anche ai cittadini del comune che ha la (s)fortuna di averla sul suo territorio? Si è innescato quello che si chiama a volte come "indotto del turismo" oppure si sono fatte scelte che pienamente se ne fregano di questo aspetto?
Pubblichiamo qui la lettera che il sindaco della Città di Venaria Reale Giuseppe Catania ha scritto al Ministro per i Beni Culturali Lorenzo Ornaghi e al Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota; la sua lettura può bene far capire la frustrazione di un'amministrazione di fronte alla sordità del Consorzio.

Clicca sull'immagine per aprire la lettera

Zak McKracken