Frase del mese

FRASE DEL MESE

"Sono fiero dei miei collaboratori, che hanno creato un bando complesso, rigoroso, fatto in modo scientifico" (Mario Turetta, direttore della Reggia di Venaria), infatti taglia del 40% i servizi e non da garanzie chiare su contratti e assunzioni...

martedì 31 gennaio 2012

Fallimento del tentativo di conciliazione, future iniziative di lotta

Ieri 30 gennaio alla prefettura di Torino vi è stato un tentativo di conciliazione tra i sindacati presenti in Reggia (USB e CGIL), il Consorzio di Valorizzazione Culturale (l'ente che gestisce la Reggia di Venaria) e le aziende che attualmente godono dell'appalto ancora vigente in Reggia (REAR e Copat). Proprio la questione dell'appalto è la mela della discordia tra questi tre soggetti: quello attuale da più di un anno è scaduto ed è in deroga; il nuovo appalto, che stenta a partire, dovrebbe garantire ai lavoratori della Reggia il contratto Federculture, il contratto di categoria, un contratto migliore, sia nella retribuzione che nelle garanzie lavorative. Attualmente i lavoratori e le lavoratrici della Reggia hanno il contratto multiservizi (i più fortunati, benché percepiscano all'incirca 5,50€ netti all'ora) o il contratto UNCI (contratto giudicato incostituzionale perché non riconosce una dignitosa retribuzione e applicato ai soci-lavoratori REAR, benchè già nel 2008 la Regione Piemonte, garante allora del primo appalto, avesse chiarito che il contratto multiservizi doveva essere l'unico contratto possibile all'interno della struttura).

Si può scaricare cliccando qui il verbale ufficiale redatto dalla Prefettura di Torino, dove  leggere il risultato delle trattative per il tentativo di conciliazione.

Molti i temi discussi durante l'incontro in Prefettura. Lo stesso Consorzio ha ammesso che i lavoratori stanno subendo un danno economico senza averne colpa e perciò, come piccola forma temporanea di compensazione, è stata concessa l'erogazione dei buoni pasto dal mese di agosto, in previsione di una tempestiva applicazione del nuovo contratto all'interno dell'assegnazione del nuovo appalto. Ma ora la data di partenza del nuovo appalto è slittata ulteriormente chissà quando.
Le cooperative che lottano per vincere la gestione della Reggia di Venaria (da una parte le neo alleate REAR, Copat e Codess Cultura, dall'altra la Socioculturale) si stanno fronteggiando con ricorsi e controricorsi: il boccone è ghiotto, essendo la Reggia uno dei siti museali più visitati d'Italia (un milione di visitatori dal 17 marzo 2011 al 28 gennaio 2012), ma così si rischia di dover attendere il giudizio del Consiglio di Stato con gli attuali contratti fino alla fine del 2012. Il Consorzio, a detta dei sindacati, avrebbe potuto assegnare fin da subito un appalto provvisorio (per far partire l'applicazione del contratto Federculture), ma non l'ha fatto. 
Da più di un anno i lavoratori della Reggia denunciano non solo la mancanza di una reale volontà di ascolto di aziende e Consorzio sui contratti, ma anche condizioni di lavoro che vanno sempre più peggiorando, con tagli delle ore, delle postazioni, dei mezzi per garantire un buon servizio al visitatore.
Inoltre con la chiusura della Reggia nel mese di marzo, per il secondo anno di fila e dopo le promesse dell'anno scorso che ciò non sarebbe ulteriormente accaduto, i lavoratori dovranno andare in ferie forzate, giocandosi permessi e ferie accumulate in un anno. Le ferie e i permessi sono l'unica valvola di sfogo per chi fa un lavoro che lo impegna tutte le domeniche e in tutte le festività civili e religiose (compreso il Primo maggio, escluso il Natale).

Come conseguenza del forte disagio che si respira da mesi, per la prima volta il 27 gennaio 2012 la Reggia ha dovuto chiudere l'ingresso ai visitatori per l'altissima partecipazione dei lavoratori che hanno partecipato allo Sciopero Nazionale Generale di alcune sigle sindacali di base (tra cui anche l'USB). 

Il sindacato USB (e si attende a breve una decisione analoga dalla CGIL) ha indetto due ulteriori scioperi: uno il 3 febbraio 2012 (solo per il call center) e l'altro domenica 5 febbraio 2012 per tutti gli altri comparti. 

Facile e attesa un'ulteriore alta partecipazione dei lavoratori.

Riportiamo qui di seguito il volantino oggi distribuito alle lavoratrici e ai lavoratori della Reggia dal sindacato USB:

Clicca sull'immagine per ingrandirla
Zak McKracken


lunedì 30 gennaio 2012

domenica 29 gennaio 2012

Favola partigiana



Cadde la neve, copiosamente, accarezzando il Mondo, la terra contadina, con la sua antica ninna-nanna.
Cadde come mai cadde e come mai cadrà più. Gli uomini e i ragazzi infreddoliti da anni si chiedevano se stesse cadendo anche per loro, che tanto ormai desideravano la pace, desideravano la casa, o la moglie o la mamma.
Pure i fucili si domandavano se la neve stesse cadendo per loro; non che facesse differenza, oramai erano da tempo arrugginiti, ma trovavano comunque un particolare piacere nel sentire la loro pelle di metallo esser toccata da un freddo ancora più freddo.
Le scarpe e gli scarponi erano solo rammaricati di rovinare quella distesa d’incanto, disegnando forme sul manto inviolato, strani nidi di ragno che si stagliavano sui campi.
Cosa pensasse la neve non lo so, era solo così dolce e quasi indifferente, come una mamma che culla il pianto, anche rosso, del proprio bimbo.
Anche la Morte si accorse del bianco evento e si distrasse anch'essa per un poco a vedere la perfezione geometrica dei fiocchi di neve. Ma solo per un attimo.
La valle salutava la calma discesa bianca con dei camini riluttanti di gonfi fumi grigi e neri. Tedeschi e repubblichini erano nella valle e cercavano i “banditi”; l’improvvisa nevicata aveva rallentato le rappresaglie e c’era perfino tempo per riappropriarsi del pensiero. E non era facile rimanere indifferenti di fronte al mistero della pace della neve.
I “banditi”, come venivano chiamati, sapevano del male arrivato nella valle: la Morte aleggiava già prima della neve e li cercava, sembrava in certi momenti lì lì, alla porta, pronta a bussare o altre volte lontana, via dalla valle.
Si respirava il freddo che ti avvolgeva, come t’avvolgeva il miracolo bianco che da due giorni faceva le sue apparizioni. Dentro la casa Cesco scriveva una lettera, il camino ovviamente non era acceso e le mani rosse bruciavano dal gelo. Scriveva a suo fratello: voleva sapere come stava la sua famiglia, ormai da mesi lasciata; e la sua Mimma, anch’ella riposta in uno scrigno protetto, sia in paese che nel suo animo, Mimma che stringeva a sé come oro e rubini. Tutti quei ricordi, quei volti, nostalgici e felici.
Perché Cesco era lì? Perché salì sui monti e divenne partigiano? Perché lasciò tutti i suoi tesori per impugnare il fucile? Di sicuro la ragione principale era per non impugnarne un altro, arrugginito uguale ma ancor meno amato e più pesante: era stato chiamato all’armi dall’esercito della Repubblica Sociale. Ma come per tutte quelle decisioni che ti portano chissà dove e ti immergono in chissà quale situazione, la presenza di Cesco in Montagna era frutto dell’unione di scelte consapevolmente volute o meno e di interventi del Caso, che gira e fa girare le vite, i cammini, le strade degli uomini e i fiocchi di neve.
Attore o marionetta della Vita? Tutte e due, ma è sempre difficile definirne la misura.
Vieni Cesco, prendi la tua roba, ce ne andiamo”, era la frase che da giorni temeva e gli arrivò da un suo compagno, entrato in casa con calma ma con risolutezza, mentre il foglio che aveva sottomano era ricoperto solo a metà. Lo piegò (“Mio caro Italo, ti scrivo e ti dico che io sto bene e che sono sempre felice di ricever notizie vostre…”) e se lo mise nella tasca della giacca. La porta era aperta ed entrò il gelo che era prima rinchiuso fuori; lo stesso gelo che trovò sicuro ad aspettarlo sotto la calma caduta bianca.
Il silenzio era compagno di viaggio indiscreto e raccontava loro come la valle si stava ricoprendo di neve immacolata. L'unico compagno era il crepitio della neve pestata dagli scarponi. Cesco pensò a Dio, gli rivolse anche una preghiera, cosa che non faceva da anni: “Fa che non ci trovino, fa che possa rivedere Mimma, fa che…”, alzò il capo e vide nitidamente smettere di nevicare: l’incanto stava per finire, si ritornava dal sogno per ritrovare la realtà, per ritrovare la guerra.
Camminarono per ore, tutti e quindici, con zaini e fucili in spalla, qualcuno aveva anche una coperta sulle spalle, i più fortunati buoni scarponi. Ed ecco quel che non potevano immaginare: una camionetta di Repubblichini era bloccata, i suoi proprietari si affaccendavano a rimetterla in moto ma niente da fare, c’era bisogno di un meccanico e di meno neve sul terreno, impossibile su quelle montagne. 
L’idea era bella e balzò a tutti quasi subito: far fuori i repubblichini e prendersi il furgoncino, che magari portava o munizioni, o viveri, o chissà cosa… tutti lo pensarono, ma non avevano il coraggio di saltar fuori dal fosso, scendere dalla collina mitragliando e compiere così l’impresa. Ad un certo punto Cesco prese la decisione, e la prese come tante decisioni, senza pesare accuratamente i piatti della bilancia, senza sapere se era realmente attore o marionetta delle vicende: saltò fuori e sparò ai repubblichini, scendendo giù con sì tanta rabbia da sfogare che sembrava un Achille contro i Troiani. E come Achille trascinava le schiere di Achei alla vittoria, così Cesco trascinò i suoi compagni giù dalla collina.
I corpi dei fascisti erano a terra, caldi, riluttanti di sangue, stavano violando l’immacolato manto di quei giorni con il rosso del fratricidio, del paesano contro il paesano, dell’italiano contro l’italiano, dell’uomo contro l’uomo. Strana sensazione: sembrò di uccidere la neve con quel sangue su di essa. 
Cesco si avvicinò alla camionetta e vide con stupore che non portava munizioni: portava la posta. Come a cercare un recondito nesso fra quelle righe e le sue portate al cuore, tirò fuori la sua lettera (“salutami tanto e con molto affetto Mimma, dille che la penso ogni giorno, dille che appena potrò la cercherò e ci vedremo appena sarò sceso a valle…”), la teneva in mano mentre il sangue gli colava sulla mano e mentre le urla dei suoi compagni si spegnevano; lo sapeva, ma non le sentiva, le percepiva ma le sue orecchie erano sorde. Vide solo sé stesso trasformarsi in rigagnoli rossi cadere in terra: fece qualche passo, verso la bianca collina e in quel momento sentì nitidamente altri spari. Cesco capì che stava morendo, il suo sguardo calò giù col suo corpo, verso il bianco che lo avrebbe portato nel buio: la Morte aveva trovato di chi saziarsi e se la neve copriva il mondo, lei copriva la neve e gli uomini che la stavano abbracciando l’ultima volta.
E ricominciò a nevicare, ancora una volta, dal cielo lontano, come se non fosse successo niente, con rinnovata e solita speranza di immacolare il mondo, ancora una volta, mai come quella volta, come tante volte succedutesi nell’ere degli uomini.

Alberto B.

sabato 28 gennaio 2012

Riciclare fa male!



Desidero provare a descrivere un luogo di lavoro che ho visitato in occasione di un'assemblea di lavoratori, che l'Unione Sindacale di Base, unitamente alla Fim (Cisl), ha tenuto qualche giorno fa presso lo stabilimento Amiat Tbd di Volpiano, che ha ricevuto (bontà nostra) la funzione storica di riciclare il materiale che lo è per natura o vocazione, sito all'interno di televisori, lavatrici, lavastoviglie e quant'altro.
Ebbene, cari Reggiofili: orrendo imago est! I poveri “lavoratori” di quell'appalto, di strabiliante miscellanea estetica, riguardo le parvenze etniche, nonché il sesso e la mimica facciale, prestano il loro corpo a fatica in un luogo che ANDREBBE CHIUSO IMMEDIATAMENTE!
Orrendo imago est.... per una paga che oscilla da 6.60 euro lordi/ora (per chi si vede applicato il “misconosciuto” UNCI) a 7.12 euro lordi/ora (per i fortunatissimi/bingo che calzano il MULTISERVIZI), tali soggetti spaccano a martellate (letteralmente) le carcasse metalliche, mentre queste scorrono in una linea (una specie di tapis-roulant posto ad altezza mediana). I “lavoratori” sono sprovvisti perlopiù di barriere protettive, senza cuffie sotto l'onta di un rumore assordante e continuo, in un grigio capannone la cui sola immaginazione uccide l'animo, nella sporcizia più totale, con le scarpe rotte circondate da nastro isolante per tenerle unite, sottoposti al controllo degli ingegneri in pettorina gialla o arancione fosforescente che, insensibili ai corpi umani in movimento, passano in gruppi di quattro, in questo orrendo cantiere, a verificare che i numeri siano quelli giusti, e che si possa, semmai, aumentare di un gradino, l'estrazione del loro succo vitale, che io non lesino certo di chiamare il loro merdoso profitto.
Sappiate che l'AMIAT trae profitto dal riciclo di questi materiali, così come da altri, mentre, a chiudere questo penoso fatto di cronaca cito la sventurata occasione che mi ha permesso di conoscere e di prendere in causa tale cantiere.
Un lavoratore, che io conosco e che seguo come iscritto USB, mesi fa, quando questi affaristi neanche si degnavano di fornire di occhiali protettivi gli “schiavi moderni”, mentre martellava un televisore, una scheggia è partita dal cuore di quell'accozzaglia ferrosa e, piantatasi nel bulbo oculare, lo ha accecato.
Dal giorno dopo i lavoratori hanno avuto tutti gli occhiali di plastica per la protezione, è partita una denuncia alla Procura.
Il rumore assordante continua e le cuffie non tutti le hanno.

Beru

venerdì 27 gennaio 2012

Reggia di Venaria in diretta (o quasi). 27 gennaio ore 11,00

Pubblichiamo qui di seguito le foto raccolte stamane all'ingresso della Reggia di Venaria e alla biglietteria centrale.



Cliccare sulle immagine per ingrandirle
A causa dell'altissima adesione allo sciopero nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici della Reggia, l'ente che gestisce la Reggia di Venaria (il Consorzio di Valorizzazione Culturale) ha deciso di chiudere il percorso Reggia e di dividere i pochi lavoratori presenti sulle due mostre temporanee. 

In biglietteria centrale è stato il caos con molti disagi verso i visitatori, la gran parte dei quali però ha capito e condiviso la protesta, solidarietà ricevuta d'altro canto anche durante l'assemblea avvenuta sabato 21 gennaio appena trascorso. La biglietteria delle Scuderie Juvarriane è stata chiusa, anche il passaggio da essa, così l'unico accesso alle mostre è rimasto quello da piazza della Repubblica.

Questo è il secondo sciopero largamente partecipato dai lavoratori della Reggia di Venaria (l'altro fu lo sciopero nazionale indetto dalla CGIL il 6 settembre 2011), ma mai si era arrivati a chiudere la Reggia per mancanza di personale.

Zak McKracken

giovedì 26 gennaio 2012

I lavoratori della Reggia sulla Nuova Voce

Ecco l'articolo apparso mercoledì 25 gennaio sul quotidiano La Nuova Voce, distribuito nella cintura nord di Torino. La manifestazione di sabato scorso, 21 gennaio, ha avuto ampio risalto, con un dettagliato resoconto e qualche foto. Dopo la regolare assemblea di 2 ore in cui i lavoratori si sono mobilitati in una civile azione di volantinaggio in piazza, coloro che non dovevano rientrare in servizio si sono organizzati nella predisposizione di un comitato che incontrasse le autorità presenti in visita, l'assessore regionale della cultura Michele Coppola, il Soprintendente Mario Turetta e soprattutto il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi.

Alessandro DG


Sciopero Generale USB - 27 gennaio 2012


Ricordiamo a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici della Reggia di Venaria che venerdì 27 gennaio 2012 la USB ha indetto uno sciopero su scala nazionale. Siamo tutti invitati a partecipare, sia per le scelte economiche a livello nazionale che per la situazione lavorativa presente in Reggia, arricchita nelle ultime ore da dettagli che forse conoscete e che non sono di certo incoraggianti.
Qualunque lavoratore può partecipare, anche se iscritto in altri sindacati (o anche se non iscritto a nessun sindacato), come è già successo per lo sciopero generale CGIL del 6 settembre 2011 (a cui hanno partecipato anche i lavoratori/trici iscritti/e ad altre organizzazioni sindacali).

Per saperne di più cliccate sull'immagine.



Zak McKracken

giovedì 19 gennaio 2012

Pronti a rispondere!

Questo è più o meno quello che succede la mattina al callcenter quando ci si prepara a rispondere ai visitatori che chiamano per prenotare. Ecco perché ci chiedono di arrivare un po' prima delle 9!!!

 



Alessandro DG

lunedì 16 gennaio 2012

sabato 14 gennaio 2012

Laus e i sacrifici della REAR


Da La Repubblica Torino 10/01/2012
http://torino.repubblica.it/static/rep-locali/rep-torino/popup/2012/costi-politica/1.html

Pubblichiamo qui di seguito un articolo uscito nella sezione Torino de La Repubblica il 10 gennaio 2012, riguardante il consigliere regionale PD Mauro Laus, nonchè il presidente della cooperativa REAR, leader del settore guardineria nei musei di Torino (e non solo). 

Clicca sull'immagine per aprire l'articolo citato

Dall'articolo si scopre che egli è il consigliere regionale di gran lunga più ricco del Piemonte, distaccando di molto la ex presidente Bresso e ancora di più il presidente regionale Cota. I più maligni penseranno che si vuole fare una crociata contro la ricchezza. Nossignore. In maniera molto liberale (visto che negli ultimi decenni tale visione va assai di moda) diciamo che se una persona guadagna onestamente i propri soldi ha tutto il diritto di tenerseli, pagando il proprio dovuto alla società e alla collettività con le tasse che lo Stato gli chiede. Ma non può non venirci in mente il fatto che dall'estate 2011 i soci-lavoratori REAR (presenti anche alla Reggia di Venaria), ai quali viene applicato il contratto UNCI, già dichiarato incostituzionale perchè non garantisce il minimo salariale per una vita dignitosa, hanno avuto una riduzione del 10% del proprio già misero stipendio (circa 4 euro netti all'ora, leggermente di più per i soci-lavoratori presenti in Reggia). Inoltre nel nostro blog abbiamo ampiamente raccontato le vicende di alcuni lavoratori demansionati o licenziati perchè, secondo loro, contrari a questa riduzione di stipendio o perché iscrittisi a un sindacato. 
C'è da domandarsi: il presidente della REAR, che taglia lo stipendio ai suoi soci, che chiede a loro sacrifici per far fronte a una ricapitalizzazione della propria cooperativa, avrà dato il buon esempio per tenere in vita la propria creatura? Mia opinione è che ultimamente chi chiede sacrifici per il bene comune (che può essere lo Stato in si cui vive o l'azienda in cui si lavora) sia sempre chi non ne fa, sia a livello nazionale (i nostri parlamentari) sia a livello locale-lavorativo. 

Pubblichiamo qui di seguito il relativo volantino stilato e distribuito a tutti i lavoratori della Reggia di Venaria in data 13 gennaio 2012 dal sindacato USB.

Clicca sul volantino per ingrandirlo e leggerlo meglio


Zak McKracken


giovedì 12 gennaio 2012

Una voce tra tante


Chiunque avrà voglia di perdere qualche minuto della propria vita, grazie. 
Sono un "ragazzo" di quasi 28 anni, da quattro anni e qualche mese lavoro alla Reggia di Venaria Reale con un contratto part-time. Laureato in storia, molti sogni nel cassetto, grande incertezza sul futuro, faccio il guardiasala.
Io, il mio posto di lavoro, ho imparato ad amarlo e a odiarlo. In qualche modo posso ritenermi fortunato, visto che molte persone imparano solo a odiarlo. La Reggia mi ha garantito un minimo di sopravvivenza, perché, sembra strano doverlo specificarlo, a 25-28 anni una persona vorrebbe concretizzare appieno i suoi sogni, le sue idee e le sue scelte di quello spazio di tempo che noi tutti chiamiamo vita. Faccio comunque fatica ad arrivare a fine mese. Non posso accedere a un mutuo, perché il mio stipendio non me lo permette. Da quattro anni (a parte durante un'aspettativa di due mesi presa per la stesura della mia tesi di laurea) non faccio una festività, non ho passato una domenica libera, se non usando permessi e ferie. Io e i miei colleghi non abbiamo mai quel buco di riposo riconosciuto (come per altri può essere il primo maggio o pasquetta) durante l'anno in cui avere un attimo di respiro per godersi la famiglia, gli amici, il tempo con se stessi.

Perché questa introduzione? Queste poche righe che scrivo mi rappresentano, ma avrei potuto scrivere di tanti colleghi, di tante vite, di tante situazioni simili e diverse, di chi non arriva a fine mese con figli a carico, di chi ha due lauree e cerca di sbarcare il lunario, di chi ha un mutuo, di chi deve sposarsi o vorrebbe ma non può, ecc... tutte vite concrete.
Sono tante le vite che si intrecciano e a volte si scontrano alla Reggia di Venaria... tutte cose concrete. Non sempre è facile percepire questo quando si incontrano tutti i giorni le stesse facce in maniera superficiale senza andare oltre, se va bene, ad un cortese "ciao" o "buongiorno".

Da due anni ormai ci sono trattative tra il Consorzio di Valorizzazione Culturale (l'ente che gestisce l'intera struttura) e i sindacati, riguardanti il cambio di contratto, un contratto che esiste già da anni e che è quello specifico per la categoria: il contratto federculture.
Posso immaginare quanto l'applicazione di un contratto del genere (migliore dal punto di vista contributivo e delle condizioni di lavoro e di formazione dei lavoratori) possa far storcere il naso a molti non solo all'interno del Consorzio, ma anche a molti dell'intero sistema museale. Potrebbe creare un precedente rischioso e non mi stupisco se molti vogliano far saltare questo nuovo appalto ancora non partito. 
Capisco anche la complessità della lotta e della vicenda, aggravatasi dai diversi ricorsi legali tra aziende e cooperative che si contendono il boccone della Venaria.
Da più di un anno doveva partire il nuovo appalto, ma ancora niente.

Ho partecipato anch'io all'assemblea sindacale di lunedì 9 gennaio scorso. Mi sono portato dentro un disagio grande quanto i quattro anni passati in Reggia, lo stesso disagio, la stessa rabbia che sento, che percepisco dai miei colleghi. Sono stato contento per una volta di poter sentire dalle voci irate e deluse dei miei colleghi che il disagio non appartiene solo a me; intendiamoci, non sono per niente convinto dell'antico agio "mal comune mezzo gaudio", ma la rabbia e il disagio, se condivisi, si possono trasformare in cose concrete, in azioni ponderate e ben mirate, in azioni di lotta. 

La concretezza è ciò che manca e che ci è mancato in questi anni, ogni volta sempre a rincorrere promesse e parole forniteci dagli stessi piazzisti. Ma io sono molto deluso anche dall'azione sindacale svoltasi in questi mesi, molto attendista, e, a mio parere, non sempre in linea con la volontà dei lavoratori. Ad agosto mi ricordo benissimo che si era votato di fare due scioperi: uno al 15 agosto (poi non fattibile per la franchigia ministeriale ma trasformato in un'assemblea sindacale con volantinaggio di protesta) e poi un altro, se non vi fossero state azioni concrete del Consorzio per dare un'aggiudicazione provvisoria del nuovo appalto (fermo da un anno), a settembre... ma il mandato dei lavoratori non è stato rispettato, perché alla fine in Reggia non si è mai fatto uno sciopero (c'è stata solo una partecipazione a quello nazionale) e noi, come risposta, abbiamo ottenuto un ulteriore proroga del vecchio appalto fino a fine gennaio 2012, senza sapere NIENTE dei nostri destini. Forse perché, da quanto ci fanno intendere, a pochi - in primis nel Consorzio - frega qualcosa del nostro futuro: si abbia almeno l'onestà e il coraggio di dircelo, tanto noi già lo sappiamo. Non voglio fare di tutta un'erba un fascio, ma da ciò che abbiamo appreso in assemblea a fine gennaio c'è l'intenzione di concedere un'altra qualche forma di proroga, rimandando ulteriormente l'applicazione (anche provvisoria) del nuovo contratto federculture, sconfessando ancora una volta la parola data da parte del Consorzio.


Mi ha fatto male lunedì scorso all'assemblea sindacale esser trattato dal mio sindacato come un bambino da istruire: sono stufo che altri mi spieghino la cronistoria delle vicende della Reggia per farmi capire quali progressi sono stati raggiunti quando quelle vicende le sto vivendo in prima persona. Inoltre sono stufo di fare assemblee sindacali di lunedì, il giorno di riposo per molti di noi, per non dare ulteriori fastidi alla gestione della Reggia; non accetto la risposta che in tale modo si fanno guadagnare 2 ore in più ai lavoratori: ma siamo così meschini di accontentarci di 11 euro? Inoltre è allucinante scoprire dalla stessa voce dei sindacati alcuni errori enormi commessi nei mesi scorsi, come quello di non precettare le aziende per alcune sostituzioni del personale avvenute durante lo sciopero generale del 6 settembre.
Io non voglio negare i risultati ottenuti in questi anni dai sindacati, ma credo che da questa estate ci sia stata una grossa carenza di concretezza e ci stiamo giocando il nostro futuro e intanto anche chi fa un tempo pieno di 40 ore non raggiunge 900-1000 euro al mese... 
Vorrei che i sindacati invece di chiedere con parole coraggio a noi si convincessero a darci quella concretezza che chiediamo da tempo: NON ABBIATE PAURA DI DARCI LA POSSIBILITÀ DI LOTTARE PER IL NOSTRO FUTURO! La partecipazione dei lavoratori non è in discussione, tanto che in assemblea gente che mai si è esposta chiedeva ad alta voce di scioperare! Cosa dobbiamo aspettare, che al 29 gennaio - quando finiranno tutte le mostre e non ci saranno più eventi e visitatori alla Reggia - ci dicano "Ci dispiace, ma non se ne fa nulla"?
Non voglio attaccare l'impegno e la volontà dei miei delegati, di coloro che sono miei colleghi, che in questi anni si sono spesi e hanno anche pagato con fatica in più e con la propria faccia il proprio servizio per tutti; in loro ripongo la mia fiducia e la mia stima.  Questo non è un giudizio alle persone, ma una richiesta di maggiore concretezza e attenzione nelle scelte del breve futuro davanti a noi.

Il nuovo appalto deciderà le nostre vite per otto anni: avremo ancora uno stipendio di 5 euro e mezzo netti all'ora (per i più fortunati) o forse potremo toccare la ricchissima e pantagruelica soglia dei 6 euro e qualcosina? Otto anni di futuro incerto in una situazione nazionale e mondiale da non lasciare nessuno sano di mente tranquillo. 
Il 29 gennaio le mostre finiranno (a meno che non vi siano ulteriori proroghe). Dopo il nulla. Dopo qualcuno sarà felice di averci tenuti buoni fino a quella data, in una situazione in cui si sta tagliando in continuazione il personale.

Voi che leggete queste mie personali righe - che raccontano un disagio condiviso con tutti i miei colleghi in Reggia - avrete perso, credo, 5-10 minuti della vostra vita. 
Io, se gli uomini e il cielo vogliono, desidero fortemente non perdere otto anni del mio futuro, perché credo ancora che si possa costruirlo migliore. 


Grazie.

Alberto B.

martedì 10 gennaio 2012

Vienna non basta mai!



Tornare a casa da un viaggio è sempre un po’ triste. Non perché sia triste la città in cui vivo, tutt’altro, ma rientrare nella quotidianità non è mai facile. Da una città come Vienna si torna con malinconia, stato d’animo che ho sperimentato altre volte, ma che solo le città di carattere forte sanno lasciare.
 È stato inevitabile il paragone con Torino, forse prima ancora di arrivare a destinazione. Sapevo di accingermi a visitare una metropoli simile alla mia, sia per l’arte e l’architettura, sia in parte per la storia e il carattere dei suoi cittadini. Al rientro, ieri mattina, mi son detto che Vienna è ciò che Torino potrebbe ambire ad essere, anche adesso che sta conoscendo un turismo di massa (è dell’8 gennaio la notizia che è stata la città più visitata in Italia dopo Roma, davanti a Venezia e Firenze). Vienna è un esperienza totale, ti avvolge in ogni cosa che fai, ha un suo modo specifico di accoglierti a tavola, in metro o nei negozi, come se un valzer festoso permeasse ogni cosa, anche quando di Strauss nell’aria non se ne ode nota. I servizi sono puntuali, nella migliore tradizione teutonica, semmai i musei mostrano alcune lacune: il percorso di visita non è sempre ben indicato, all’Albertina in particolare ho visitato intere sezioni al contrario; inoltre sono cari, alla residenza dell’Hofburg non c’è un biglietto cumulativo per l’intero complesso, ma ogni parte ha un suo costo e può essere abbinata con altri monumenti (ad esempio appartamenti imperiali e castello di Schonbrunn al modico prezzo di 24 euro!). Tuttavia ogni edificio, dal più antico all’ultimo costruito, è un vero scrigno, organizzato per accontentare ogni capriccio. La pinacoteca del Belvedere, che espone una ricca collezione di arte dal Medioevo all’Espressionismo, è uno dei musei più belli che abbia mai visitato, un percorso di conoscenza che abbraccia l’intera storia dell’arte austriaca e non solo, ma in cui il visitatore si può perdere, dato che la collezione inizia e finisce al pianterreno senza che venga ben indicato secondo quale ordine visitarla. Niente da eccepire, invece, sullo Schonbrunn, se non che le audioguide forniscono poche e frammentarie informazioni anche se, va precisato, sono comprese nel prezzo.
 Tutte le attrazioni della città sono concentrate in quartieri ben precisi ottimamente collegati dalla metropolitana che, con le sue cinque linee, è una delle reti più efficienti d’Europa. Inoltre Vienna vanta il primato di accessibilità dei musei per i più giovani, proponendo ai bambini una ricca offerta di iniziative molto seguita ed apprezzata. La nota davvero dolente è la Vienna Card, che perde ampiamente il confronto con il nostro abbonamento. Costa 18 euro e si ha il diritto di viaggiare per 72 ore gratuitamente sui trasporti, ma nei musei consente sconti davvero effimeri, di 1 o 2 euro al massimo, con la sola eccezione del Belvedere.
 Vienna rimane, tuttavia, una città talmente piena di cose interessanti da vedere e fare, immersa nella cultura e nel bello, che le si perdona anche qualche piccola “disattenzione”, perché ti conquista in un minuto e dopo l’ami per sempre. Pur con scorci davvero romantici e monumentali, non rincorre per forza la grandeur parigina, anche se non manca di attrazioni di grande effetto. Tuttavia è la città nel suo complesso a colpire il visitatore, a mostrarsi come un grande museo di arte, cultura e gusto che ha pochi eguali al mondo, in cui tutto sembra al suo posto e fatto per stupire. È il modello a cui Torino con le sue dimore, la Reggia di Venaria in primis, dovrebbe ispirarsi per riqualificare il suo passato e plasmare il suo futuro di città che ambisce a diventare una capitale del turismo internazionale.


Alessandro DG




domenica 1 gennaio 2012

Scriverci nel 2012...



Buon anno a tutti/e!! ecco forse il modo naturale per iniziare questo 2012 anche qui sul blog!!!
Ma oltre a farvi gli auguri di un 2012 sereno - se non proprio ricco, visti i tempi - vogliamo inaugurare con l'anno nuovo la nostra mail!
Con questa mail potrete scriverci per:

  • suggerimenti;
  • critiche;
  • apprezzamenti;
  • scritti, foto, idee che vorreste pubblicare sul blog;
  • qualunque cosa vorreste dirci, scriverci, segnalare, ecc...

La redazione si riserva di vagliare e filtrare ogni mail inviata, al fine di moderare il materiale da pubblicare all'insegna del rispetto e della comune educazione.
Le lettere anonime non saranno neanche prese in considerazione. Se volete però pubblicare un testo, una foto o altro ma volete mantenere riservatezza sulla vostra identità potete segnalare nella mail stessa uno pseudonimo con cui verrà firmato pubblicamente il pezzo se pubblicato. Non verranno accettati pseudonimi che ricalcano nomi di persone realmente esistenti (per intenderci non si può scegliere come pseudonimo il nome di un attore o di un cantante).

Noi tutti/e speriamo che questo sia uno strumento non solo per ricevere segnalazioni su cosa viene pubblicato nel blog (tra l'altro per questo c'è già la possibilità di lasciare i commenti ai post), ma anche per aumentare la partecipazione e la condivisione di uno spazio pensato per tutti/e coloro che lavorano o che si sentono legati alla Reggia di Venaria.
Quindi memorizzate reggiamoci.forte@gmail.com e scriveteci al più presto!

Con la speranza di un nuovo anno al meglio per tutti/e noi,

la Redazione di REGGIAMOCI FORTE!