Nella vita di queste "signore della ferrovia" primeggiano dunque tempi vuoti, tempi fatti di attese, ma anche di responsabilità e volontà di conferire dignità al proprio operato, di essere considerate donne e madri di famiglia che compiono sacrifici per portare a casa qualche soldo in più. La tradizione, in questi luoghi remoti della Sardegna, vuole che a svolgere questo lavoro - unico in Europa - siano solo donne, al quale purtroppo (come spesso accade quando un territorio non viene valorizzato nelle sue risorse e caratteristiche peculiari) si vuole porre fine. Eppure, questo lavoro così inconsueto e particolare, come le donne che lo svolgono, è stato persino citato nel libro Mare e Sardegna da uno scrittore degli anni '20: D. H. Lawrence, di passaggio a Mandas per raggiungere Sorgono.
Quest'attività, non solo per rimando analogico, si avvicina molto alla parola: guardia-sala, e quindi al mestiere di sorvegliante museale ma, con quest'ultimo, ha anche un modo simile d'intendere e di considerare la nozione del tempo. Dove vola il pensiero durante la "bassa" stagione, quando le attività lavorative in un museo rallentano perché non ci sono visitatori o sono troppo pochi per mobilitare il sorvegliante nel suo compito? Come viene concepito il tempo da un guardia-sala rispetto ad una guarda-barriera? Per fortuna, un guardia-sala, a meno che non si trovi costretto da certe aziende a domandare un doppio turno per una domenica di riposo, arriverà sporadicamente a svolgere dodici ore di lavoro al giorno, come accade invece per le protagoniste del documentario; inoltre sarà piuttosto difficile per lui, lavorare l'uncinetto o piantare quasi distrattamente dei semi di mandorlo, vederlo crescere ed ammirarlo poi a distanza di anni, raccogliendone i frutti. Non s'imbatterà mai - purtroppo - in una mucca solitaria che, in mezzo ai binari osserva ignara ed incuriosita l'andare lento di un treno, o in altre mille sollecitazioni di un paesaggio ancora ingenuo, perché non ferito da una modernità invasiva ed arrogante, ma ancora vivo di generosità, ricco di stimoli visivi e tradizioni.

Probabilmente il pensiero di un guardia-sala, come quello di una guarda-barriera, andrà ai vari compiti da svolgere fuori dal luogo di lavoro per mandare avanti la propria casa, la propria famiglia, gli studi; oppure penserà ad un modo più proficuo per sfruttare al meglio quel tempo che, fuori dall'orario di lavoro, non è più "attesa". In Cadenas, si trova anche l'aspetto legato alla solidarietà, alla semplicità dei rapporti umani e del comunicare, scandito da elementi d'ironia. In una sequenza del documentario, le attuali guarda-barriera, diversamente dalle loro antenate - costrette comunque ad un ritmo lavorativo molto più rigido - hanno la possibilità di avvisarsi dell'arrivo del treno tramite il telefono cellulare. Purtroppo però, l'utilità che nasce dall'età moderna non sempre coincide con valori edificanti, ma piuttosto con opportunismo, guadagno e profitto. Quale futuro possono avere queste donne che da generazioni svolgono il mestiere di guarda-barriera, se le già ridotte linee ferroviarie di questa parte dell'entroterra sardo, verranno sostituite dalle tratte su gomma?
Nell' "attesa", per ora, rimane solo il respiro del tempo presente.
Interessantissimo articolo! Brava Satsuki
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