Una volta un mio amico mi si è
presentato in casa e mi ha consegnato un pacchetto regalo, che non ho resistito
a scartare. Generazione mille euro è così entrato nella mia vita. Non
lasciatevi ingannare, non sto parlando di uno di quei libri indimenticabili che
rileggi venti volte all’anno, personalmente è figlio di una generazione di
scrittori da after hour che non amo particolarmente, ma in fondo in alcuni
passaggi mi sono riconosciuto, ho visto la mia carriera di studente-lavoratore
a cui la sua città non ha dato una gran mano, ma che per ingannarlo gli ha
lasciato credere che qualche pacca sulla spalla e un buon drink nei locali che
contano potesse risolvere le cose e metterlo sul giusto binario per diventare,
prima o poi, qualcuno.
Ecco che allora Claudio, emiliano di 27 anni,
precario, spensierato per sopportazione più che per scelta, un “lavoratore
fluttuante e praticante seriale – come si definisce senza vanto - un po’ mi
somiglia. Vive con tre ragazzi, Rossella, Alessio e Matteo, e mi rimanda a un’età
in cui volentieri sarei andato via di casa per assaporare la mia indipendenza,
raggiunta solo alla veneranda età di 34 anni. E racconta dei suoi immani sforzi
per raggiungere una posizione in una Milano da bere che, da città operosa qual
è, spreme ogni stilla delle tue energie per offrirti una possibilità, ma se la
sprechi è finita. Milano è così, può darti tanto e toglierti tutto, o lasciarti
in un limbo in cui c’è posto solo per grandi sacrifici per permetterti un
affitto, una pizza e una corsa in metro. I quattro protagonisti del romanzo
sembrano quasi veri, qualcuno non crede che siano inventati, ma con nomi e
sotto spoglie diverse potrebbero essere ciascuno di noi, che con 1000 euro al
mese, a volte anche molto meno, ci conviviamo e facciamo i conti, appendendo i
sogni alla gruccia aspettando di indossarli per un giorno diverso, un giorno
migliore che forse non ci aspettiamo più.
Generazione
mille euro non è di quei libri che si rileggono, o magari sì, a qualcuno
potrebbe anche piacere una cifra, ma sicuramente tutti gli riconoscono il
merito di aver “scoperchiato una pentola che già bolliva”, per parafrasare la
dichiarazione di uno degli autori. Tutti, anche i media stranieri, lo additano
ad apripista di una nuova tendenza editoriale, quello dei reality book di
denuncia che non hanno paura di raccontare il lavoro in Italia, a volte dando
fastidio e strappando qualche coro di indignazione da parte di una classe
dirigente che davvero poco ha di che lamentarsi. Per cui leggerlo male non fa,
è un romanzo divertente nato dal passaparola e approdato dal web alla carta
senza grandi pretese, se non quella di indignarci e un po’ svegliarci.
Alessandro DG
Seeee... magari generazione "MILLE" euro...
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