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"Sono fiero dei miei collaboratori, che hanno creato un bando complesso, rigoroso, fatto in modo scientifico" (Mario Turetta, direttore della Reggia di Venaria), infatti taglia del 40% i servizi e non da garanzie chiare su contratti e assunzioni...

giovedì 10 novembre 2011

L’Italia degli uomini sandwich


Nel Marzo del 2011 viene presentato al Rome Indipendent Film Festival il documentario: Disoccupato in affitto, realizzato dal regista Luca Merloni in collaborazione con Pietro Mereu nel ruolo di se stesso. Pietro Mereu nasce a Lanusei, in provincia di Ogliastra in Sardegna. Principalmente autore televisivo, si ritrova improvvisamente disoccupato con le rate dell'affitto da pagare ed un futuro incerto. La sua vena creativa lo spinge a reagire, mettendosi alla ricerca di un nuovo lavoro ispirandosi ad un personaggio storico del 1800: David Rowe. In quest’ultimo caso il protagonista è un ventiquattrenne londinese con in mano una laurea in storia, qualche debito da saldare e l’assoluto bisogno di trovare un lavoro. David Rowe non demorde e per far fronte a questa missione impossibile, si trasforma nell’ incredibile “uomo sandwich”. L'incipit del documentario – con illustrazioni in bianco e nero di Cesare Corda – racconta molto bene il percorso intrapreso dal giovane “eroe” londinese, con l'obbiettivo di trovare un posto di lavoro. In questo caso, fortunatamente, le sue aspettative vengono realizzate. Altri tempi si potrebbe dire, ma il protagonista del 2010 vuole tentare la stessa esperienza; costruisce un doppio cartello da indossare come una pettorina e al posto di scriverci sopra: « cerco un lavoro, fatemi un colloquio », prova col più immediato « disoccupato in affitto ». Ed ecco la creatività all'opera o meglio, fatta  “persona”,  che porta Mereu a reagire ad una condizione che mortifica qualsiasi essere umano di qualsiasi epoca: non avere la “possibilità” di lavorare per la propria sussistenza. Gli anni passano i secoli pure, la società dovrebbe essere più “evoluta”, eppure il lavoro continua a mancare e la situazione in Italia, soprattutto in questo particolare momento storico, non ha affatto buone prospettive. Pietro Mereu in questo documentario cerca a suo modo di aprirsi un varco per un nuovo impiego e, allo stesso tempo, cerca di cogliere e considerare quello che la gente delle piazze pensa e dice a proposito del problema della disoccupazione. Si stabilisce un metodo comunicativo molto diretto e allo stesso tempo riflessivo, ognuno con la propria esperienza e il proprio punto di vista su tutto ciò che ruota attorno alla tematica del lavoro. Argomento su cui non si parla mai abbastanza e non si conosce mai abbastanza. Lungo le tappe del viaggio, che include nove città italiane: Roma, Firenze, Lecce, Cagliari, Genova, Bologna, Verona, Napoli e Milano, si creano condizioni di solidarietà ed empatia in cui Pietro interagisce e si confronta. Questo simpatico eroe moderno: l’ uomo sandwich, nonostante la situazione lavorativa sia drammatica oramai non solo al sud, ma anche nel nord d'Italia, riesce a smuovere sorrisi che, anche se amari, conferiscono all'intero documentario un carattere piacevolmente ironico. La musica di Davide Combusto che accompagna le immagini, risulta funzionale allo scopo del documentario, come se fosse un po' complice e conducesse lo spettatore lungo il pellegrinaggio del protagonista. La durata dell'intero road movie dura 75 minuti, mentre il demo qui proposto, ne dura circa 13 e riguarda la prima città presa in considerazione: Roma, una capitale con i suoi problemi e le sue contraddizioni. In un dialogo con un lavoratore artigiano, Pietro domanda: «Possibile che la situazione sia così drammatica?», l'artigiano risponde: « No, non è che la situazione sia drammatica, è anche peggio ». Durante i numerosi incontri, ci si pone anche la questione sulle opportunità di lavoro all'estero, dal momento che in Italia sembrerebbero decisamente scarse, e la soglia dei disoccupati arriverebbe circa a quattro milioni. Inoltre è in aumento anche il numero dei cassaintegrati, ma la cosa più deprimente è il ruolo poco pulito che giocano alcune aziende e datori di lavoro nei confronti del personale, che molto spesso viene costretto a condizioni lavorative aberranti.
Oltre a Merloni e Mereu, autori di questo documentario, che fa parte del circuito di distribuzione indipendente, in Italia sono diversi i registi che con attenzione e sensibilità hanno dedicato le loro energie alle tematiche sul lavoro. Ognuno affrontando e concentrandosi su aspetti e problematiche diverse che ruotano attorno a questo tema, come quello molto importante della sicurezza, di cui si è occupato ad esempio Domenico Calopresti realizzando il suo documentario: La fabbrica dei tedeschi del 2008, che riguarda la disastrosa esplosione avvenuta alla Thyssenkrupp, famosa acciaieria di Torino. E di sicurezza si parla ancora nel documentario di Daniele Segre: Morire di lavoro sempre del 2008, ma questa volta il settore preso in considerazione è quello dell’edilizia. Un altro gravoso problema che si riscontra, purtroppo molto spesso, nel nostro paese è il mobbing, di cui la regista Francesca Comencini se ne fa portavoce, realizzando il primo film sull’argomento: Mi piace lavorare del 2003. Per quest’ultimo film la Comencini si è documentata recuperando numerosi racconti di fatti realmente accaduti, anche  in collaborazione con lo sportello anti-mobbing. Sempre della stessa autrice viene realizzato un documentario sulla vita e la condizione operaia in Italia dagli anni del boom economico ai giorni nostri, dal titolo In fabbrica.  Infine per ribadire la pessima situazione di precariato nel nostro paese e nel più specifico quello nel settore dei call-center, si ricordano il film del 2008 di Paolo Virzì: Tutta la vita davanti, e Fuga dal call center, realizzato da Federico Rizzo nel 2009.  Ma qualunque sia il motivo per cui si perde un lavoro, non lo si ha ancora trovato o lo si ha trovato ma purtroppo come spesso accade in condizioni di schiavismo, pare che il governo italiano, mai come in precedenza, con le sue grosse crisi d’identità, non abbia buoni propositi in tema di tutela del lavoro. Attualmente la legislazione italiana, non prevede la possibilità di licenziamento ai lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato per ragioni economiche, e l'articolo 18 tutela il lavoratore qualora venga licenziato senza giusta causa. In merito alla nuova disciplina sui licenziamenti, l’ultima proposta di legge dell’attuale Presidente del Consiglio ( probabilmente prossimo alle dimissioni ) prevede di eliminare tale situazione. E’ veramente questo ciò che può fermare o se non altro limitare la disoccupazione in questo paese? Paradossalmente è triste dover ammettere di essere “fortunati” quando si ha un lavoro, proprio perché in realtà non dovrebbe essere una fortuna, ma la normalità, la regola. Il lavoro è un diritto legittimo e quando questo viene a mancare, il primo passo da compiere sarebbe quello di costruire delle dinamiche atte a sostenere tale diritto e non ad ostacolarlo, a creare le condizioni per sostenere e rafforzare la dignità di un lavoratore, non a calpestarla. La sensazione che si ha e che pare sia più vicina alla realtà, è che l'Italia sarà ben presto popolata non da lavoratori, ma da volenterosi uomini sandwich, magari farciti anche un po’ di disgusto!

A voi i link del documentario:

                                                                                             Nümayis Briski



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